sabato 19 agosto 2017

Regolarità urbanistiche e indennità risarcitorie - Percorsi ondivaghi - Tre storie


Comune di San Vincenzo (Livorno)
- Varie modalità di giudicare la Regolarità Urbanistica degli immobili.
- Varie modalità di valutare l’entità delle sanzioni.
Tre storie 
con esiti molto diversi. Fortuna? Sfortuna? Fato? … Chissà!

E sul problema del “Galasso perduto” quale metodo si adotterà? Chissà!

1) Tenuta di Rimigliano
Volumi vari, per migliaia di metri quadrati, compreso fagianaie, concimaie, ruderi, ecc. privi di permessi o licenze edilizie rintracciabili, sono giudicati REGOLARI e quindi recuperabili ai fini volumetrici, sulla base dell’art.5 del Regolamento urbanistico, così come modificato con delibera di CC n. 32 del 6/5/2013. 
Articolo che, dopo la sua modifica,  consente in pratica di rendere regolare peressoché ogni immobile che si possa dimostrare essere stato realizzato prima del 1° settembre 1967. 
Quindi per tutti questi immobili, nessuna necessità di condono e NESSUNA SANZIONE.
Piuttosto discutibile invero, ma tutto regolare e secondo regolamento (appena modificato), per carità. L’importante è che la cosa logicamente valga per tutti, anche retroattivamente, per semplice giustizia. Infatti quando la legge cancella un reato, chi è in galera per aver commesso quel reato, viene subito liberato. Logico, no?

2) Torretta  sulla duna dei Lecci
Viene rilasciato dal Comune un permesso di ricostruzione sulla duna dei Lecci, per 106 mq. , a fronte di una superficie preesistente – legittimata da un condono – di soli 64,03 mq. Anche l’architetto Baggiani  non riesce a capacitarsi per quei 42 mq in più, regalati.
A seguito di varie difformità, realizzate durante i lavori, rispetto alla Concessione edilizia ed al Permesso Paesaggistico, e accertate dalla Forestale, il Comune, dopo alcuni mesi di silenzio tombale, con la faccenda ormai già esplosa sui giornali, si decide a sospendere i lavori di costruzione.
Viene quindi emessa dal Comune un’ordinanza di demolizione n. 383 del 15/9/2011.  Il responsabile del procedimento, geom. Salti, accerta la mancata esecuzione dell’ordinanza e predispone la lettera con la comunicazione di “inottemperanza all’ordinanza e conseguente preavviso di confisca e demolizione d’ufficio”, così come previsto dalla legge. La lettera però inspiegabilmente (anche l’ arch. Baggiani non se lo spiega) resta in un cassetto e non viene notificata dal dirigente alla proprietà. Così dopo qualche anno di inerzia del Comune, nonostante i proclami dell’assessore, anche in Consiglio Comunale, sulla inevitabile demolizione della palazzina, la proprietà, dopo numerosissimi ripetuti tentativi ottiene, per spossatezza generale, la sospirata sanatoria.
Si deve ora determinare l’indennità risarcitoria prevista dalla legge e pari, in quel caso, al profitto conseguito a seguito dell’abuso. La perizia del geom. Tosi del 9/3/2016 valuta tale profitto uguale a zero. Infatti viene giudicato irrilevante ai fini del valore finale dell’immobile la realizzazione del vano interrato non previsto dal Permesso e ugualmente irrilevanti, a tal fine,  tutte le modifiche distributive dei volumi, e degli spazi circostanti, eseguite in difformità, che pure uno scopo migliorativo si deve supporre che l’avessero. Ugualmente non viene applicato il profitto “ordinario” pari al  “3%  del valore d'estimo dell'unità immobiliare” come previsto dall’art. 2 del DM 26/9/1997,  che in questo caso sarebbe ammontato a circa 30 mila euro. E quindi determina la sanzione nel minimo edittale di 516,46 euro. Il Segretario Comunale D’Agostino, in sostituzione dell’astenuto dirigente dell’edilizia Filippi, con Determinazione N.  207 del  14/03/2016  fa sua la perizia e irroga la sanzione di 516, 46 euro.
Sicuramente tutto regolare. Anzi si deve gioire che chi pure ha errato, non venga eccessivamente sacrificato. Si sa che la pena non deve essere inutilmente afflittiva, ma deve solamente tendere al recupero del soggetto.

Dopo questi due edificanti esempi di saggia e bonaria indulgenza amministrativa, che senz’altro fanno onore al Comune, veniamo all’ultimo esempio. Non c’è due senza tre. Almeno si suppone, ma invece in questo caso non sarà così. Nessuna bonaria indulgenza.

3) IMMOBILE  in via della Principessa, 117
Nel 1963 viene realizzato nel terreno, senza permesso,  un manufatto di circa 60 mq.
Nel 1986, visto che la legge lo consente,  viene chiesto il condono e pagata l’oblazione. La pratica si trascina però per oltre venti anni, mentre nel lotto confinante, una singola palazzina viene all'incirca raddoppiata e trasformata in un megacondominio con distanze dai confini alquanto critiche e con un permesso della Soprintendenza che imporrebbe di non abbattere alcun albero di alto fusto… con conseguente inizio di un contenzioso legale tuttora in corso.
La nostra pratica di condono si conclude finalmente solo nel 2010 con il nulla osta della Soprintendenza e l’autorizzazione paesaggistica.
A quel punto però, nel 2011 (a quasi 50 anni dalla realizzazione),  il Comune richiede il pagamento di una indennità risarcitoria sulla base di meccanismi previsti da leggi arrivate molti anni dopo il 1986, anno di presentazione della pratica di condono.
Per la verità dal momento che l’immobile risulta pacificamente costruito nel 1963, cioè ben prima del 1° settembre 1967, sulla base dell’art. 5 del RU non ci sarebbe stato neanche bisogno di condonarlo e si sarebbe potuto considerare “regolare” secondo il Regolamento. Purtroppo la benefica modifica dell’art. 5 del RU avverrà solo due anni dopo, nel 2013 e quindi in quel momento ancora non valeva. Così si va avanti.
La perizia del geom. Bettini determina il “profitto” dell’abuso sulla base dei “prezzi di mercato” e così arriva a stabilirlo in ben € 45.840.  Il dirigente dell’Edilizia Filippi, con Determina 719 del 15/11/2011 fa subito sua la perizia e irroga la sanzione di € 45.840, che deve essere obbligatoriamente, sia pure a rate, pagata.


Dopo appena un anno e mezzo la modifica dell’art. 5 del RU forse cancellerà quell’abuso che, dopo cinquant’anni, si è rivelato così enormemente costoso, ma nessun perdono viene accordato. In questo caso, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. Nessuna pietà per Ulzana.

RIEPILOGO dei TRE CASI


Cosa ci RISERVA il futuro?

Tutti quanti sappiamo bene che una notevolissima quantità di immobili nel centro cittadino, fra il fosso delle Prigioni e quello delle Rozze, ricadenti nel vincolo paesaggistico, dal 1985 fino al 2016 (il Galasso perduto), non hanno richiesto e quindi nemmeno ottenuto l’autorizzazione paesaggistica. Si porrà prestissimo il problema di una loro megasanatoria (se possibile) e quindi della determinazione di tante indennità risarcitorie.

Quale metodologia si applicherà fra quelle adottate nei tre casi sopra ricordati?

Chi vivrà vedrà.

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