domenica 24 agosto 2014

Nessuna umanità a Ferragosto.



Giorni di Ferragosto all’isola d’Elba. 
Folla spensierata di turisti e villeggianti che assistono ai fuochi artificiali. I bimbi si divertono. L’atmosfera è tranquilla, rilassata.
Un venditore ambulante nero, di mezza età, inginocchiato in uno spazio libero, stende il suo tappetino bianco disponendovi sopra con cura la sua povera e scarsa mercanzia. E’ un abusivo?, forse sì, ma forse invece è fra quelli autorizzati dal comune.  La merce che proverà a vendere sono piccoli oggetti senza pregio, da qualche euro. Di certo non fa concorrenza a nessun negozio.
Al buio e per terra è quasi invisibile. Sa che la gente non girerà nemmeno lo sguardo e che probabilmente quella sera non venderà nulla. Ma, prima di andare a dormire  nell’anfratto che è riuscito a trovare, deve provarci.  Anche 3-5 euro per lui che in tasca non ha niente, sono importanti.
E’ silenzioso, discreto, mansueto. In nessuno dei pochi che lo notano suscita sentimenti di avversione.

Eppure c’è un giovane italiano che da un po’ lo sta  fissando, che se potesse lo manderebbe via, che si arrovella temendo che i figli dei turisti che guardano i fuochi non si rendano conto di quanto quell’uomo col tappetino è dannoso per la società italiana, così ordinata, disciplinata ed efficiente. Teme anche che quei bambini non ne abbiano paura, o che addirittura ne possano provare umana simpatia.
Non sa cosa fare, ma l’ avversione per quel povero cristo monta dentro di lui, facendolo star male.
Così lo fotografa e, nonostante sia in vacanza coi suoi amici, si affretta a postare quella foto che gli sembra così scandalosa, deridendo "lui" e il suo povero "negozio" costituito dal tappetino e invocando che qualcuno faccia finalmente cessare simili indegni spettacoli.
Poi due giorni dopo, siccome la rabbia non è passata, insiste ancora sugli ambulanti con la roba a terra (un’ossessione questa) e s’immagina (nella mente agitata), un bambino italiano che a vedere quegli esseri poco rassicuranti si stringe impaurito al babbo, e allora si compiace di questa saggia, anche se solo da lui immaginata, paura ("ha già capito tutto") e auspica infine che qualcuno dia lo stop definitivo a tutti i "vu’cumprà", come quello del tappetino, cacciandoli una buona volta dall’Italia.




Uno si chiede come mai, quei poveri ambulanti neri, miti e inoffensivi, debbano suscitare tanta avversione e malevolenza in un giovane italiano istruito, ricco, che fa la bella vita, girando con una fiammante alfa sportiva rossa compratagli dai genitori.
Eppure quei poveri ambulanti neri sono ragazzi o uomini esattamente come lui, solo enormemente più sfortunati, con alle spalle storie spesso terribili, la cui massima aspirazione nella vita è solo quella di sopravvivere, se possibile con un briciolo di dignità. E nonostante tutto, salvo rare eccezioni,  sono in massima parte miti, sorridenti,  giudiziosi, come forse nessuno di noi riuscirebbe ad essere nelle loro condizioni.

Niente da fare. Non riesce a nascondere la sua avversione per loro. Anzi deve comunicarla a tutti sul suo profilo facebook pubblico. Fosse per lui li rimanderebbe probabilmente subito tutti in Africa. Ma non perché son neri, ci mancherebbe; lui non è razzista. E’ che per restare, questa gente dovrebbe fare come gli italiani: farsi una casa dove prendere la residenza, farsi assumere o prendere la partita iva e aprire un vero negozio (altro che tappetino per terra), e magari vestirsi bene, andare a messa e meglio ancora comprarsi un’Alfa Romeo sportiva, possibilmente rossa.
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Per coloro che provano avversione (istintiva o ragionata che sia) per gli immigrati neri che popolano le nostre zone che, a seconda della loro fortuna e della serietà dei loro datori di lavoro, sono: lavoratori regolari, lavoratori al nero, ambulanti autorizzati, o ambulanti non autorizzati, si ricordino della vicenda di Cheikh Sarr e della sua istintiva, inusuale e mal ripagata generosità.


Cheikh, che lasciò a uno sconosciuto il suo posto sulla Terra

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